Esiste un “pozzo dell’inferno”, prima d’ora inesplorato

Un occhio gigante che spunta dalla terra, ecco l’aspetto della dolina dello Yemen vista dall’alto. Per quanto possa risultare spaventosa da quella prospettiva, la dolina è un fenomeno del tutto naturale. 

Le doline sono delle conche nel terreno, all’interno delle quali, in condizioni normali, si dovrebbe raccogliere l’acqua formando un lago. Le pareti delle doline però non sono impermeabili e l’acqua non riesce a fermarcisi dentro.

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La dolina dello Yemen è conosciuta anche come pozzo dell’inferno (fonte Afp/Getty)

Parliamo di gole buie e profonde che non sempre è possibile visitare se non con paracaduti e sistemi di corde. Questo fa nascere intorno a loro una serie di leggende popolari a volte spaventose.

E’ il caso della dolina dello Yemen, conosciuta anche come “pozzo dell’inferno“, proprio a causa di alcune di queste leggende. La più conosciuta narra di un jinn cattivissimo pronto a decapitare chiunque avesse anche solo provato ad entrarci per esplorarla.

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I jinn sono comunemente chiamati geni, e nella tradizione islamica sono degli spiriti maligni metà uomini e metà spirito. Esattamente come il genio della storia di Aladin, ma più brutti e molto meno simpatici.

Cosa è stato scoperto nella dolina dello Yemen

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Vista dall’alto, la dolina dello Yemen sembra un grosso occhio nel bel mezzo del terreno (fonte Afp/Getty)

Il pozzo dell’inferno è profondo 111 metri. Fino a un paio di mesi fa, ancora nessuno era riuscito a esplorarne il fondo a causa della difficoltà di raggiungerlo, se non con ali proprie o con una serie di fissaggi di corde che non davano la giusta stabilità.

Questo, prima dell’arrivo del geologo Mohammad Al-Kindi che, grazie alla collaborazione con la sua squadra, è riuscito a calarsi sul fondo della dolina con un sistema di doppia corda, e tornare su. E senza che jinn lo decapitasse.

Alcune storie sul pozzo dell’inferno narravano che il fondo fosse abitato da coccodrilli e che ci si trovassero ordigni inesplosi dovuti alla guerra civile. Per fortuna entrambe le cose non hanno avuto riscontro nella realtà.

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Nel fondo della conca Al-Kindi, insieme alla sua squadra, ha trascorso circa 5 ore a esplorarne ogni anfratto. Vi ha trovato numerosi depositi calcarei che hanno dato vita a stalattiti e stalagmiti, perle di grotta che luccicava sotto alle 4 enormi cascate interne.

L’acqua al suo interno, che le voci davano come velenosa, si è scoperto essere invece potabile. È inoltre presente un ecosistema proprio della dolina e composto da rospi, serpenti, uccelli e lucertole.

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